W la rivoluzione nel mondo alla rovescia


Ieri sera ha debuttato Leader, un nuovo format di Rai3 (scusate gli inglesismi che di solito mi sono tanto cari quanto il bagno è gradito ai gatti, ma questo è quello che passano tutti gli italici conventi televisivi), programma condotto da Lucia Annunziata. Si tratta dell’ennesimo programma politico in vista delle prossime elezioni.

Il programma si è aperto con un brano letto da Fiorella Mannoia, che mi ha fatto molto pensare: sia per quello che quello che ha detto sia per una cosa che non ha detto.

Cominciamo da ciò che ha detto.

La Mannoia leggeva un brano scritto da lei stessa. Essa doveva raccontarci che cosa può essere ancora considerato e detto rivoluzionario in «una sorta di Paese alla rovescia, in cui l’illecito è diventato normale, dove i politici fanno spettacolo e gli attori i cantanti e i comici di occupano della politica, dove il diritto è diventato un favore, dove la cultura è giudicata superflua, dispendiosa, praticamente inutile, dove chi dovrebbe dare il buon esempio si vanta delle sue malefatte e giudica stupido chi si ostina a credere nella legalità…».

La Mannoia continuava a descriverci “questo Paese alla rovescia” per poi passare a elencarci che cosa merita d’essere detto rivoluzionario in un Paese di tal fatta. Inutile dire che il Paese di cui si parla “ha qualcosa a che fare” col nostro Bel Paese.

Riporterò ora alcune (la maggior parte) delle tante voci che la cantante ha messo in elenco fra le cose che meritano, anzi che debbono essere considerate rivoluzionarie in questo Paese alla rovescia, l’unico di cui forse si può dire (ma questo lo dico io, non la Mannoia) che il formaggio che di questo Belpaese porta il nome è spesso assai migliore del Paese che quel nome gli presta. Vale giusto la pena di sottolineare che tutte le cose elencate dalla brava artista, proprio perché possono essere ancora considerate “rivoluzionarie”, vuol dire che sono oggi per lo più assenti dal bagaglio etico-civico-culturale della maggioranza degli italiani. Merce rara insomma. E questo non potrà essere visto come un complimento.

Dunque in questo “Paese alla rovescia” andranno considerati “rivoluzionari” «il coraggio, la sobrietà, l’educazione, la cultura, l’arte, il diritto alla scuola al lavoro alla cultura all’arte alla salute, il rifiuto della volgarità, anche di quella oggi dilagante dell’ostentazione della ricchezza, della violenza anche quella verbale, il dire no a chi cerca di corromperti, insegnare ai figli il rispetto di tutte le diversità; rivoluzionari saranno ancora «il sorriso, la gentilezza, l’accoglienza, l’onestà, anche e soprattutto quella intellettuale, la comprensione, la condivisione, l’umiltà, il perdono, il guardarci allo specchio senza vergognarci di noi stessi, il saper ridere di noi stessi e delle nostre miserie; rivoluzionario è il combattere il pregiudizio, l’etica e il coraggio delle nostre idee, il ragionare con la nostra testa, il far bene il proprio lavoro qualunque esso sia; rivoluzionario è lo schierarsi sempre dalla parte degli ultimi…». Può bastare così, dal testo di Fiorella che ho riportato con abbondanza e fedelmente, anche se non integralmente e non proprio nell’ordine in cui è stato letto. Ma la sostanza c’è tutta.

Devo confessare che mi ci sono ritrovato in pieno. E mi son detto: per una volta sei in regola con una signora che per te è soltanto un nome e una professione, di cui non conosci né la vita né il pensiero né la fede religiosa: se ne ha una e quale sia.

Una situazione privilegiata per il pensiero che mi turbina in testa da quando ho sentito questa “dichiarazione di fede” essenzialmente laica e altrettanto essenzialmente cristiana.

Proprio così, perché io potrei sottoscrivere ogni parola di quella professione di fede, di quella dichiarazione di impegno e di intenti. Non una di quelle parole, non una mi sento di respingere.

Ora io sono un prete, mi professo cristiano, eppure mi riconosco al cento per cento nelle parole pronunciate ieri sera, davanti a una platea mediatica di qualche milione di spettatori, da questa donna, ancora giovane, bella, artista di grande successo, che in alcune centinaia di parole non ne ha usata una sola che contrasti con la mia Ora io sono un prete, mi professo cristiano, Welt-und-Menschanschauung, con la mia visione del mondo e dell’uomo che, almeno in me, è direttamente derivata e formata sul Vangelo.

Questo fatto mi ha colpito. Io non seguo la musica “leggera” contemporanea, e forse è un limite o addirittura un male: sta di fatto che a me la parola della Mannoia, ieri sera, a me ha fatto solo del bene. Non mi ha rivelato nessun nuovo mondo e nessun nuovo orizzonte, ma mi ha dato la prova di un pensiero che da anni coltivo e che ogni volta che intendo parlarne me ne ritraggo un po’ titubante, intimorito. Il pensiero è questo: del Mannoia-pensiero e della sua fede religiosa non so nulla. So solo che in quei tre o quattro minuti e dopo le poche centinaia di parole che l’ho sentita pronunciare, niente di niente andava contro la mia fede.

Ora però io sono sicuro di poter dire che mai e poi mai la Mannoia avrebbe potuto scrivere e leggere quelle parole, se duemila anni prima non fosse venuto Qualcuno a insegnarcele. Quel Qualcuno ha un nome: Gesù di Nazaret. Era una parola la sua che mai s’era udita prima in una forma così radicale: ama chi ti odia, benedici chi ti maledice, non negare il tuo aiuto a chi te lo richiede. Perdona chi ti fa il male. Vinci il male col bene. Offri la guancia destra a chi ti colpisce la sinistra. Ecco: mai la Mannoia avrebbe potuto scrivere quelle cose che ha letto ieri sera se duemila anni fa non avesse calcato la terra e le rive del lago di Tiberiade un uomo chiamato Gesù di Nazaret.

In un mondo dove nessuno di quei valori era rispettato e forse neppure sospettato, quell’uomo cominciò a predicare un verbo che a Lui costò la vita e che, dopo di lui, la vita costò anche a milioni di uomini e di donne che a quella parola s’erano ispirati per vivere e spendere la propria. Molti credettero nella sua parola e abbracciarono quella fede, e a milioni ne morirono per testimoniarla. Ma quella parola, la parola del Crocifisso, continuò a diffondersi fra le zolle della terra, infiltrandosi fra crepa e crepa, fra gretta e gretta, come l’acqua dei carsi, raggiungendo miliardi e miliardi di uomini che a quella parola aderirono e quella parola trasmisero a chi veniva dopo di loro. Come l’acqua, quella Parola nutrì e rese fertili terreni, fece crollare pareti di roccia, riempì valli dando vita a laghi, dette vita a piante e fiori per la produzione del frutto, dette vita agli animali che poterono berne, fino a noi che ancora ne beneficiano.

Quella stessa parola entrò nei cuori degli uomini rinnovandoli, intenerendoli, rendendoli sensibili alle gioie e alle sofferenze dei loro simili, promuovendo il perdono, la solidarietà la mitezza, la purezza, la misericordia, la giustizia.

Ora si assiste a un evento nuovo e tutto da capire e studiare: uomini e donne che dicono di non credere più nel Signore Gesù, continuano però a coltivare e a credere nella sua parola. Una nuova possibile via per il Vangelo? E se fosse una terza via al cristianesimo, dopo quello delle origini e quello della cristianità dominante?Non me la sentirei di escludere. Ma dovremo tornarci su.

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