Ti vedremo chiudere la porta alle tue spalle


Sapete una folgorazione? Bene, m’è accaduto stamattina. Folgorato da un ricordo di quand’ero ragazzo: un fatto di cui fui testimone io stesso; a cui però, lì per lì, detti poca importanza. Poi invece, nello scorrere della vita, ci sono tornato su spesso, e sempre con grande profitto. Mi è tornato in mente stamattina, accingendomi a buttar giù qualche idea per il nostro appuntamento settimanale. E ho deciso di partire da lì, da quel piccolo ricordo di quand’ero solo un ragazzo “piccolo così!”.
Avrò avuto una decina d’anni, più o meno. Ero con una piccola banda di ragazzi della mia età, che mi riconoscevano un po’ come loro capo. Stavamo giocando tutti insieme con un pallone portato da uno di noi, dal più piccolo, ricordo bene, il più fragile. Giocando, come spesso accade tra bambini, i più grandi cercavano ogni pretesto per prevalere sui più piccoli, i quali, per paura di non essere più accettati nel gruppo, finivano sempre col cedere.
Quella volta però, le cose andarono diversamente. Dopo due o tre spintoni troppo energici, dopo un paio di sgambetti, dopo parecchie parole sgarbate, “dai, pulce, muoviti!” , “corri tappo!”, che fai, salame, dormi? cinino, svegliati!”, quella volta accadde che la pulce, il tappo, il salame, il cinino finì col seccarsi, e rialzatosi da terra dopo l’ennesimo sgambetto, si abbassò senza dire una parola, raccolse il pallone, lo strinse forte con tutt’e due le braccia al petto e senza dire una parola uscì correndo dal campo e se ne andò a casa sua. Per quel giorno la partita era finita. Per tutti.
Questo il ricordo all’origine della folgorazione!
“E se per Benedetto XVI le cose fossero andate un po’ allo stesso modo?” mi son chiesto. Nessun dubbio che il gracile papa tedesco, successore del possente papa polacco, della cui ombra ha certamente sofferto, negli ultimi anni del suo pontificato l’idea del Pollicino della fiaba dei fratelli Grimm, l’ha data sul serio! Sempre più incassato in quelle spalle strette, un po’ingobbito, i piedi striscianti, le braccia che quando non erano penzoloni conoscevano solo un gesto, un uno-due-pausa, uno-due-pausa, uno-due-pausa… Dove uno stava per “braccia avanti” (ad aprirsi ad angolo acuto di un 40-45°) e due stava per il loro quasi immediato richiamo indietro sul petto. Qualche passetto e di nuovo uno-due, qualche altro passetto e di nuovo uno-due. Stessa manovra dalla papamobile, dalla pedana semovente in san Pietro, dalla finestra del palazzo apostolico, o dal balcone delle benedizioni e così via. Una volta qualcuno mi sussurrò: sembra un pulcino bagnato (non molto distante dal pollicino, comunque).
Devo confessare che quell’idea del ragazzino che prende su il suo pallone e se ne torna a casa sua, ha finito con il convincermi del tutto, ed eccomi qui a raccontarvela. Ma non solo a raccontarvela, ma a svilupparla, enuclearla, elaborarla, per vedere se fa al caso nostro.
Io non sono un gran consumatore di giornali cattolici. Li trovo troppo prevedibili. Appena li hai in mano sai già cosa vi troverai, cosa ci sarà scritto, e come sarà scritto. Un esercizio di pazienza che non mi seduce. Del resto non mi hanno mai voluto per loro.
Certo che Benedetto XVI qualcosa aveva cambiato nelle regole del gioco dell’eloquenza pontificale romana. Accantonati i toni del Grande Inquisitore, aveva assunto quelli di san Pier Damiani, fustigatore dei vizi degli ecclesiastici, ma né i primi né i secondi hanno prodotto i frutti sperati. Ci aveva abituato a veri e propri atti di accusa nei confronti dei vizi delle istituzioni vaticane e curiali: aveva parlato di sporcizia, di carrierismo, di contrapposizioni fra gruppi di potere curiale, di divisioni che deturpano il volto della Chiesa, rendendola meno credibile, meno seducente, meno convincente. Dopo ogni misurazione della febbre del corpo curiale, ci aveva messo in mano il termometro perché vedessimo da noi stessi, coi nostri propri occhi, i gradi della nostra febbre.
Aveva anche provato ad andare più in profondità nella diagnosi, con un check up completo: testa, cuore, torace, addome e aveva segnalato chiaramente tutte le situazioni patologiche importanti: bubboni, cisti, ghiandole e noduli sospetti, fino a qualche neoplasia già abbastanza sviluppata e particolarmente pericolosa e come ogni medico coscienzioso aveva anche elaborato e prescritto un trattamento terapeutico adeguato, senza sconti né riguardi per nessuno. Aveva scelto le terapie più efficaci, non certo le più gradevoli.
Con gli abiti del medico anche quelli del profeta: ammonendo e blandendo, incoraggiando e minacciando, col solo risultato di sentirsi canticchiare dietro, per tutta risposta le parole stesse di Gesù: «Vi abbiamo suonato il flauto _e _non _avete ballato, abbiamo cantato un lamento _e _non _avete _pianto (Mt, 11, 17), quasi a dire: “conosciamo anche questo gioco, con noi non funziona». Intanto si susseguivano gli scandali e la curia continuava ad affilare le sue armi o le sue unghie: un partito contro l’altro, un cardinale versus l’altro e di conversione neanche a parlarne… Così nacque quel tragico: «Le vostre divisioni deturpano il volto della Chiesa».
Allora che volete che potesse fare il povero Pollicino XVI (pardon, Benedetto XVI), se non quello che ha fatto? Come quel bambino della mia infanzia, si è fermato, s’è ripreso il suo giocattolo e ora se ne torna a casa, anche se per lui sarà una casa nuova. Almeno sarà una casa vera, e non una corte, da che mondo è mondo covo di veleni delle più diverse specie.
Così facendo egli intende gridare a tutti, alla Chiesa e al mondo, che LUI NON CI STA!!! Che lui non vuole essere ricordato come il papa connivente, taciturno il papa lasciaperderechecosìvailmondo! Meglio per lui essere ricordato come colui che, nell’evo moderno per primo la gran rinuncia fece e proprio nel tempo della “lupa, che di tutte brame/sembrava carca nella sua magrezza”(Dante Alighieri, Inferno, I, 49-50).
Meglio allora per te, Benedetto XVI (ancora per pochi giorni tale per la carica, e poi per sempre per la Storia), chiuderti la porta alle spalle e gettare la chiave nel fossato, dove l’acqua è più fonda e il fondo più melmoso. Mantieni la promessa: “Non mi vedrete più, vivrò nascosto, mi dedicherò alla preghiera. Per la Chiesa. Per il mio successore” hai detto. Anche per i cardinali, per favore: ne hanno tanto bisogno! E per i vescovi! E per i preti (ne abbiamo tanto bisogno anche noi!).
“Sarò sempre con voi” hai detto ai tuoi preti di Roma nel giorno dell’addio. Spero che sarai anche con tutti noi, preti del mondo intero. Per la conversione di tutti. Per la santità di tutti.
Così ti vedremo scomparire: come una vergine che entra nella sua clausura. Prima però, vòlto verso l’Occidente sputa al regno delle Tenebre (era un rito dell’antica liturgia battesimale), quindi girati verso l’Oriente dove nasce il Sole, varca senza rimpianti la soglia e chiuditi la porta alle spalle. L’ultima cosa che vedremo di te, sarà la tua lunga veste, se ancora bianca o di nuovo nera non so, e i tuoi capelli bianchi, finalmente senza camauro. E ti diremo: Possa tu trovarvi la pace, quella che gli uomini ti tolsero quando eri con loro. Attento però: non li lasciare entrare mai. Non ripescare mai la chiave. O l’incantesimo finirà. E con l’incantesimo la pace.

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