Una settimana vissuta pericolosamente


Sono le 11,10 di sabato 23 giugno (ieri), quando finalmente mi siedo al computer per incominciare a “buttar giù” questo pezzo. Senza un’idea precisa, dominante, che mi occupi la mente e il pensiero. Qualche volta succede. Di rado, ma succede. La verità è che questa settimana è stata una settimana molto diversa dalle solite. Una settimana vissuta pericolosamente.
Niente di avventuroso per carità, e nemmeno di disordinato: nessun safari, nessun bagordo, nessuna bravata: solo una settimana nella quale mi son seduto quasi mai al computer, quasi mai sono rimasto solo nel mio studio, dove mi è più facile incontrare me stesso e il mondo: sono stato quasi sempre altrove. Altrove: cioè fuori della mia solita vita.
Quattro giorni con un caro amico, a ricordare il passato: un passato, quello sì, pericoloso, e molto anche: il tempo del mio trapianto di fegato, quando imparai a conoscere fra’ Giovannino èunacosaseria (come io avevo imparato a chiamarlo) che mi era stato costantemente presente con il suo sorriso e i suoi modesti ma preziosi servizi; e che, in una serie di 6 pregevoli ritratti, aveva fotografato tutti gli stadi della malattia e della rinascita.
Il dovere di ospitalità comporta degli obblighi: così ho passato fuori casa quattro giorni su cinque, e oggi mi sento ancora un po’ in fase di disimpegno, senza un pensiero che abbia dominato i miei giorni: quasi una breve vacanza, quando l’appuntamento con la stampa quotidiana si limita a una scorsa ai titoli, e quello che capita nel mondo sì e no che ti sfiora, perché non riesce veramente a raggiungerti.
È possibile in queste condizioni a dire qualcosa di sensato? Ci proverò, ma non assicuro il successo.

Dunque Monti continua a perdere consensi in Italia, ma continua a guadagnare posizioni nella considerazione generale in Europa e nel mondo. E questo fa risalire all’Italia diverse posizioni nel mondo.
Il ministro Fornero è sempre più detestata e contestata in Italia, mentre della sua riforma non si dice male in Europa.
La crisi finanziaria morde sempre di più, mentre gli italiani mangiano sempre meno. Se ne è accorta anche l’ISTAT.
Se gli italiani spendono sempre meno, il lavoro manca sempre di più, perché non c’è ragione di produrre di più se gli italiani comprano sempre meno.
I politici e la casta? Sembra che fra le poche industrie che non conoscano crisi, siano l’Attak, l’UHU, e il Pritt: colle a prontissima e fortissima presa, specialmente garantite per fondi di pantaloni e poltrone.
La mancanza di lavoro in Italia, specialmente nell’Italia dei giovani? Si discute su cos’è che manca di più, se il lavoro per i giovani, o i giovani per il lavoro. Sembra che manchino a migliaia le domande di assunzione per netturbini, pastori, manodopera stagionale per la raccolta dei pomodori delle olive della frutta del tabacco e per gli allevamenti di animali: mungitura delle mucche, vitelli, polli, tacchini… Troppo umili questi lavori per i piccoli lord italiani (mio figlio fare un lavoro così? ma dico!). Poi però mancano anche aspiranti a lavori assai più nobili: panettieri, pizzaioli, infermieri, barbieri e parrucchieri/e, camerieri di ristorante, (eh no! io la notte voglio dormire, o, se non dormo, voglio andare io a ballare, non a servire chi balla; voglio andare io in pizzeria, ma a mangiare una pizza non a farle per gli altri). Quanto alle badanti, ci vadano pure le straniere (io non vado a pulire niente a nessuno). E sai quanto si potrebbe continuare? Invece, a centinaia di migliaia mancano posti per i colletti bianchi. Quelli che ti permettono di mangiare molto senza produrre niente, neanche i servizi richiesti, che se ne vuoi uno, ti stanchi di aspettarli: sai i famosi tempi tecnici? Suona proprio bene.
In compensano fioccano le notizie più serie: storie di corvi in Vaticano, dove ti saresti aspettato di trovare solo bianche colombe come quelle che non volevano saperne di staccarsi dalle spalle di Giovanni Paolo II e che commossero il mondo intero (si vede che qualcuno le aveva avvertite che in giro volavano certi brutti corvi neri neri); o come quella della Ciccone, l’unica nndonna (le prime due lettere mettetele voi perché a me fa schifo anche solo nominarla per intero) per la quale mi capita a volte di sperare che esista davvero un inferno nel quale farla rimanere almeno almeno quel tanto che basta per farla pentire per tutte le bestemmie e le porcherie che ha saputo vomitare sui simboli più sacri della mia fede (quel povero rosario sbattuto fra quelle pocce come una pallina di ping pong fra due racchette!).
La macchina del fango ha raggiunto anche il Colle, dove mai nessuna piena del Tevere s’era mai sognata d’arrivare. Anche perché l’acqua delle piene scorre via presto; il fango invece asciugandosi indurisce e innalza i livelli dei terreni: e fango dopo fango il livello del terreno può innalzarsi anche di molti metri.
Di ieri poi, la notizia più esilarante (o più tragica) riguarda Berlusconi, il sempreverde: non ci crederete ma si ricandida. Il leader dei moderati sono sempre io, ha detto. L’inimitabile ora imita il Grillo parlante, anzi urlante, quello a cinque stelle. Ne ha studiato le mosse, le parole, gli sberleffi, gli annunci, ora si sente sicuro: posso batterlo. In fondo si accontenta del 51%. Anche il 50% +1 potrebbe bastargli. Con l’età ha imparato ad accontentarsi.
Valeva la pena elencare tutte queste quisquilie e pinzillacchere varie, (Totò)? Probabilmente no, ma dopo una settimana di rilassamento può anche mancare la carica per una riflessione più seria. Ecco perché ho scritto quel pericolosamente nel titolo. È la ragione per cui all’atleta impegnato in una grande avventura sportiva, si razionano severamente i momenti di distensione e più ancora quelli di evasione.
Poi, ieri, la notizia che da sola avrebbe meritato un articolo a sé. La Giunta comunale di Milano, centrosinistra, capitanata dal sindaco Giuliano Pisapia, ha ingranato la marcia indietro: ma il motore, pienamente lanciato, ha mandato una sonora grattata, di quelle che si ricordano.
Il caso in due parole: il sindaco e la giunta comunale invitano il Dalai Lama a Palazzo Marino a tenere una lectio magistralis, e per l’occasione gli sarà conferita la massima onorificenza della città che fu di S.Ambrogio, degli Sforza e di san Carlo Borromeo: la cittadinanza onoraria.
Così s’era detto: così non sarà. Niente cittadinanza onoraria; Sua Santità dovrà accontentarsi della cittadinanza di Assago e/o di Sassuolo, due città pronte a sacrificarsi per riparare lo sgarbo. Anche se né l’una né l’altra, né tutte due insieme basterebbero a riparare la grave scorrettezza. Il sindaco di Milano, con la sua “faccia un po’ così” che richiama da vicino quella del grande comico Macario, dice che non c’è stata nessuna marcia indietro. Forse vuol calarsi completamente nei panni del sosia. Peccato che lo spettro dell’Expo prossima ventura non ha nulla di comico, e se fosse vero che Pechino ha messo sul piatto della bilancia la minaccia di una sua diserzione alla grande Festa, come negare a Pisapia se non proprio l’approvazione, almeno la comprensione? Forse ci vorrebbe qualcuno che gli spiegasse che le conseguenze vanno sempre valutate prima. Dopo potrebbe essere tardi.

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