Ha da veni’ Mammona! Anzi, è già venuto!


«Io credo in Dio, Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra, di tutte le cose visibili e invisibili».
Il cristiano che va a messa la domenica, ripete queste parole ogni otto giorni. E non gli viene mai il mal di testa. Un Dio onnipotente? Buona questa: e dove lo trovi? Conosci qualcuna delle sue promesse che si siano avverate? Che si sappia, le spade non si sono mai trasformate in vomeri, né le lance in falci; sulla terra, a tutt’oggi, le hai mai viste baciarsi fra di loro la giustizia e la pace? Quanto agli uccelli del cielo, che non seminano e non mietono eppure vanno avanti benissimo perché il Padre che è nel cielo pensa lui a non far mancare loro nulla… lasciamo perdere! Noi sappiamo fin troppo bene che ogni giorno nel mondo a decine di migliaia i figli dell’uomo muoiono di fame e di sete; che milioni (molti, molti milioni) muoiono, ogni anno, oltre che di fame e di sete, anche per mancanza di medicine, che pure per i ricchi ci sono, mentre mancano per i poveri, perché quando il tuo reddito medio è di un dollaro al giorno, quel dollaro, quando ce l’hai, tu lo spendi per dar da mangiare ai tuoi figli, non per curare i tuoi acciacchi.
E quando vedremo mai carovane di cammelli e di dromedari venire da ogni parte del mondo e salire a Gerusalemme recando doni al suo re e al suo tempio, se ancora oggi c’è qualcuno che continua a ribadire, a minacciare che è vicino il giorno in cui d’Isreale e di Gerusalemme non resterà traccia nelle carte geografiche?
Il popolo che nessuno avrebbe potuto contare (come le stelle del cielo e la sabbia del mare, Gen 22,17) è oggi più piccolo e ha meno abitanti (poco più della metà) della sola Lombardia. Vuoi contarci anche la diaspora? D’accordo: tutti insieme sono meno di 15 milioni.
Malinconicamente m’interrogo su queste cose e mi chiedo se a una promessa non sia giusto, e onesto, accordare un congruo tempo perché si realizzi? Un tempo, passato il quale, quella promessa, qualora non si sia realizzata, non sia da considerare un puro flatus vocis, una parola vana, che se ha potuto sedurre qualche generazione, bisognerà pure che alla fine ci si rassegni ad abbandonarla. Ora, dacché quelle parole sono state pronunciate, son passati qualcosa meno di tremila anni. Non pochi. Quanti ne dovremmo aspettare ancora prima di dichiararle decadute?
Mi stavo tormentando in questi pensieri, quando mi è venuto incontro, o forse in soccorso, il pensiero del gran parlare che continuamente si fa intorno agli immani problemi della fame nel mondo e dell’angoscioso bisogno d’energia che attanaglia il genere umano in questo scorcio di storia.
Sembra un controsenso: mai l’umanità ha potuto disporre di tante risorse della scienza e della tecnica come oggi; mai c’è stata una tensione tanto consapevole e vigile sulle vicende e sui destini della specie umana e del pianeta. Ogni traguardo, oggi sembra tecnicamente possibile: gli OGM sembrano prometterci tutto il cibo di cui abbiamo bisogno a prezzi più bassi che mai, e tutta l’energia che vogliamo (e finalmente pulita!): per emanciparci dalla servitù sempre più soffocante del petrolio e dall’abbraccio sempre più mortale delle multinazionali che lo controllano.
Che avvenga proprio in questo mio tempo, mi son chiesto allora in un impeto di speranza? Sarà proprio questo mio tempo il momento che l’antico Profeta aveva annunziato?
Poi ho sentito parlare, or fanno cinque anni, di una crisi epocale, europea, forse mondiale. E ora se vado al supermercato, vedo che il grano è aumentato, e col grano la pasta, il pane, il vino, il riso, il latte, la frutta e la verdura, insomma tutto: ’sì che molti non hanno più soldi per comprare tutto quello che gli serve, e a casa c’è già chi tira la cinghia. E non solo i viveri, ma il diesel (+ 27%) e la benzina +20%), le tasse sulle case (prime e seconde e terze… e ce n’è chi ne ha 18, 20, 27 (sic!, di case, e perfino di ville!), e le bollette dell’energia elettrica e dell’acqua potabile, del metano e di tutti gli altri generi di prima necessità esplodono letteralmente. Solo le pensioni e i salari sono fermi a quelle cifre da ridere,,, anzi da piangere (quando non le hanno diminuite), e le fabbriche che chiudono, e il lavoro che manca… e la gente che per la prima volta, da sessant’anni a questa parte, ha paura di arrivare a domani.
E se qualcuno mi chiede: ma che fa il tuo Dio, che non va a fare una capatina in banca? E io gli rispondo che no, che Dio non va in banca, che è già un sacco di tempo che non ci va più. Anzi, a dire il vero, sono quelli della banca che non ce l’hanno mai voluto. Dice che fra lui e loro c’è incompatibilità di carattere. Due gruppi sanguigni diversi. Come segno di buona volontà, qualche volta usano un nome della famiglia o quello di qualche… socio: Santo Spirito, san Paolo, San Giorgio… ma a lui, nel consiglio d’amministrazione, non gli han fatto mai mettere piede.
Mi hanno anche rassicurato: «Niente paura, con i soldi gli uomini ci san fare meglio di Dio!…Anzi, vedrai a quante stupidaggini del tuo vecchio Dio l’uomo saprà mettere una pezza!». Perché, m’hanno spiegato, le difficoltà di oggi, non le puoi mica attribuire all’uomo: il vero orco è il Mercato. Le sue leggi sono ferree, spietate. La sua legge è una sola: il Profitto. Niente vale per sé stesso: vale solo per quel che ti rende, secondo quel che ti rende e per quando ti rende. E quando non ti rende più, te ne disfi senza pensarci due volte.
Allora mi vengono in mente le miracolose ingegnerie e architetture delle risaie di Bali, di Giava e di Cina: millenni di acqua garantita nel rispetto del paesaggio e del sistema ecologico. Oggi però il turismo ha sete d’acqua, tanta! 1000 litri d’acqua al giorno per un turista. Al contadino ne bastano 60. Intanto in India, in Mato Grosso, in Africa la deforestazione selvaggia genera desertificazione, sicché l’acqua è già, nelle previsioni, l’oggetto delle guerre di domani.
E mi vien fatto di chiedermi: ma davvero la colpa di tutto questo è del vecchio Dio di Abramo, di Gesù, di Maometto?
Ma non dicono che non esiste nessun Dio? E chi resta allora che possa averne la colpa se non l’uomo? Ah, capisco: l’uomo-che-crede-in-Dio ne ha la colpa. Gli altri no. Sono innocenti loro! Solo chi-crede-in-Dio può uccidere, rubare stuprare… o no?
Escluso Dio dall’orizzonte dell’uomo solo l’uomo mi resta da poter incolpare. O le stelle? Ma da sempre le stelle stanno (solo) a guardare! Come causa del mio male, non mi resta che l’uomo.
O forse… Che sia proprio questo che Gesù voleva dirci, quando sentenziò: «non si può servire a due padroni, a Dio e al denaro» (Mt 6,24)? Perché qui ormai c’è solo gente che di padrone ne ha uno solo: il Denaro. L’altro, il vecchio Dio, se proprio lo vuoi trovare, vallo pure a cercare fra la monnezza di Napoli o di Palermo. Fra la camorra e la mafia.
Allora finalmente capisco: delle parole di Gesù nessuno mai s’è fidato, nessuno mai le ha prese sul serio. Né i papi, quando erano a capo di un regno (oggi va un po’ meglio), né i re, né tutti i potenti di turno sotto qualsiasi cielo: Mammona è sempre stato l’unico loro dio: la potenza, la ricchezza, il potere. Chi è Gesù per loro? Buono da predicare, ma ingombrante per chi governa.
Quelli poi che a quelle parole credono davvero, non sono loro quelli che fanno la storia. Formigoni escluso.