È risorto: e la mia speranza con lui


Sarà bene dirlo subito. Mettendo insieme questo pezzo (composto di testi da me scritti per altre occasioni) io mi schiererò dalla parte di “loro”. Di «quelli che non hanno speranza, che non hanno bellezza, che non hanno una patria quaggiù». Di «quelli che nell’eterna luce del cielo, hanno la loro sola parte di gioia».
Dunque mi schiererò contro tutti gli altri. Contro tutti quelli che nella vita e nella storia hanno messo la loro parte nel privarli di speranza, di bellezza, di patria. E di gioia. Lasciando loro la sola speranza di trovar tutto questo soltanto nel cielo.
La storia di Gesù di Nazaret è la storia titanica del bene contro il male, della vita contro la morte, della speranza contro ogni condanna a morte. Di Davide contro Golia. Di Cappuccetto rosso contro il lupo travestito da nonna che vuole il tuo bacio. Il candore contro il pelo nello stomaco, e quanto!, di chi la coscienza l’ha venduta all’ambizione, e l’onestà all’avidità.
E se non sei dei loro, devi essere pronto a soffrire, a sentirti rifiutato, respinto, emarginato, come è inevitabile che sia per ognuno che rema contro, per chi si mette dalla parte opposta, alla “loro”. La storia di Gesù di Nazaret insegna.
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Questo Gesù doveva morire!
Morto lo voleva Caifa, il Sommo Sacerdote per motivi di zelo: «Quest’uomo non riconosce e non osserva la Legge di Mosè; bestemmia dicendosi Figlio di Dio; rifiuta e stravolge le nostre tradizioni. Un uomo così è un pericolo per la nazione e a questo punto è meglio che un uomo solo muoia per il popolo, piuttosto che tutto il popolo abbia a essere fuorviato da un uomo solo. A noi Dio ha dato il compito di vegliare sul suo popolo e di proteggerlo dai pericoli dell’empietà e dell’eresia. Noi mancheremmo ai nostri doveri e tradiremmo la nostra missione se permettessimo a quest’uomo di continuare nella sua opera diabolica.
E poi, quest’uomo è un ribelle intollerabile e un contestatore accanito delle nostre istituzioni e del nostro ordine sacerdotale. Quest’uomo dice cose inaudite sul nostro conto e il popolo gli crede. Mai nessuno aveva osato parlare così di noi, sacerdoti e farisei, scribi e dottori della Legge. La nostra autorità, scalzata; la nostra immagine d’irreprensibilità, compromessa; la nostra presa sulle coscienze, indebolita. Che dovremmo fare? Lasciarlo vivere e permettergli di continuare a predicare contro di noi? Perché, statene certi, uscendo di qui egli riprenderebbe subito la sua predicazione. Non è di quelli che si piegano, questo Gesù di Nazaret. Né col denaro né con l’offerta d’una buona posizione. Tanto peggio per lui. Ha voluto esserci contro? Ebbene, vedrà con chi ha a che fare. Sarà un caso esemplare, una lezione per tutti gli aspiranti profeti o aspiranti cristi: predicate pure l’amore, il Regno, la giustizia, la pace… ma non toccate i sacerdoti! Chi tocca i sacerdoti, muore! Ho detto. Sì, questo Gesù deve morire!».

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Morto lo voleva anche il Tetrarca Erode: «Ebbene sì, muoia. Non che mi importi molto, né di lui né della sua predicazione. Un pericolo per la mia corona? Figurati! Ho l’amicizia e l’appoggio di Cesare, io. Mi sono venduto l’anima per comprarmi una fetta di mondo e, statene certi, non me la strappa nessuno.
Cari signori, non fate gli schifati. Perché, voi non vendereste l’anima per avere tutto quello che ho io? Solo che nessuno ve la compra, e a voi resta solo la rabbia di non poterlo avere. E vi sfogate col condannarmi e col dire che sono un mostro, un dissoluto, un sanguinario, un porco! Ebbene sì, sono tutto questo. Il mio trono, la mia ricchezza grondano sangue. E con questo? Conoscete un trono che non sia insanguinato e una ricchezza che non sia costruita sulla miseria degli altri? Via, signori, bando alle ipocrisie! La verità è che non esiste una ricchezza pulita. Ve lo dice uno che di ricchezza se ne intende. Finché ci sarà un solo povero sulla terra, nessuno avrà mai il diritto di essere ricco, a voler essere giusti… E il vostro Gesù di Nazaret tutto questo lo ha capito molto bene. E vi dirò che è proprio per questo che son ben contento che muoia, perché è un pericolo per me e per tutti quelli come me. Il suo disprezzo per le ricchezze mi offende e la sua povertà è una condanna. Perché qui dentro, ve ne renderete certo conto anche voi, chi ci giudica tutti è lui… e io la faccio sempre pagare a chi mi giudica. E per di più la sua predicazione è una polveriera: fortuna che nessuno di voi l’ha mai capita né la capirete mai, perché il giorno che la capiste per noi sarebbe davvero la fine. Perché lui non è come voi che ce l’avete coi ricchi solo perché voi siete poveri, che vorreste abbattere noi, solo per poter prendere voi il nostro posto. Voi odiate i ricchi, non la ricchezza: voi siete solo dei ricchi mancati: lui no! lo gli avevo offerto tutto, ed ero disposto a renderlo uno dei nostri, uno come noi. Normalmente, se uno predica l’uguaglianza, basta farlo « uguale a noi » e quello è subito pago dell’uguaglianza raggiunta: ma lui no! Io gli davo la ricchezza i piaceri il potere! Lui no! Perché è un coglione! … Oppure un vero santo… Per questo voglio che muoia, perché io voglio dei servi, e per averli li compro. E li sazio. Anche i rivoluzionari, infatti, di solito fanno la siesta dopo che hanno mangiato. E a me piacciono i rivoluzionari che fanno la siesta: mi fanno sentire un benefattore. Ma lui non ha voluto mangiare. Per questo sono d’accordo anch’io: questo Gesù deve morire.
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Anche la Folla, che ormai da lui s’aspettava ben altro, reclamò la sua morte.
«Sì: sia crocifisso! E basta! Una volta per tutte. Questo Gesù ci ha delusi. Deve morire! Noi ci eravamo fidati di lui e lo abbiamo seguito perché speravamo che fosse lui il nostro liberatore, la nostra guida verso la Terra Promessa: il benessere, la ricchezza, il pane a volontà. Il potere in mano nostra! I poveri d’Israele contro i potenti di Gerusalemme e di Roma e del mondo! Oh sì, questo pensiero ci esaltava! Un giorno – fu quando ci sfamò nel deserto con pane e pesci: che giorno quello! – visto che lui tardava, visto che non si decideva, decidemmo noi di farlo nostro re e di passare all’azione. Subito. Ma lui cominciò a parlarci d’un altro pane, quello del cielo; d’un altro regno, quello del cielo; d’un altro tesoro, quello del cielo; d’un altro paradiso, quello del cielo! Che delusione, signori, che schianto per noi quel giorno a Cafarnao! Allora lo abbandonammo e ritornammo delusi alle nostre case, ma giurammo in cuor nostro che l’avrebbe pagata. Non si illudono impunemente i poveri. Lo sappiano e se lo ricordino tutti! Sempre! Lo abbandonammo perché non era dei nostri. Amava la povertà, capite? Ma i veri poveri non amano la povertà. I veri poveri vogliono diventare ricchi, e lui non voleva sentir parlare di ricchezza!… Beati i poveri!…. Eh no! Chi parla così non può essere nostra guida. Anzi è nostro nemico perché frena l’impulso rivoluzionario, e dunque sì, questo Gesù deve morire! Sia crocifisso!».
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A questo punto il quadro è quasi completo. Manca solo il potere politico – il più complesso, sfuggente, camaleontico e cinico dei poteri. Ed ecco che, su un piatto d’argento, gli viene offerta la possibilità di poter sembrare il più umano dei poteri.
Lo rappresenta adeguatamente Ponzio Pilato, il Procuratore romano della Giudea: «Ebbene, morirà! Come Procuratore dell’Imperatore di Roma dichiaro Gesù di Nazaret reo di morte. L’esecuzione avverrà per crocifissione. E nondimeno debbo dire che mai sentenza mi è costata tanto. Perché è chiaro che qui non si vuol colpire un malfattore o un ribelle ma, semplicemente, un uomo scomodo. E io mi rendo perfettamente conto d’essere solo lo strumento d’un ben costruito disegno. Personalmente, infatti, sono convinto che questo Gesù non ha fatto niente di male. Anzi, mi fa quasi pena e ne provo compassione. Ma tant’è! Io sto qui per difendere gli interessi di Cesare, l’imperatore, non certo per tutelare i diritti della giustizia e l’innocenza d’un galileo. Non farei certo un buon servizio a Cesare se gli scatenassi contro l’ira di questi fanatici E poi, detto francamente, se a questi quattro esaltati venisse davvero in mente di ricorrere all’Imperatore e di dirgli che io sono tenero con i ribelli e i sobillatori, non scommetterei più un soldo sulla mia testa. Ma queste sono considerazioni molto personali: meglio non accennarvi neppure. Almeno pubblicamente. Diciamo dunque che quest’uomo, sebbene innocente, in questo particolare momento, è una minaccia per la pace dell’Impero. Se dunque la sua morte può servire alla pace, ebbene muoia! Sì, anche secondo me, questo Gesù deve morire!
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Questo il mysterium iniquitatis che nella passione e morte di Gesù raggiunse il suo parossismo assoluto. Sembrò la fine di tutto, e fu l’inizio di tutto. Fu il momento in cui, in un mondo fondato tutto sulla violenza, fece irruzione qualcosa di veramente nuovo: l’amore gratuito, il sacrificio in cambio di niente, la guancia sinistra offerta a chi ti percuote la destra, la benedizione in risposta alla maledizione. Era quella novità che gli occhi esperti e stanchi dell’antico Qoelet non erano riusciti a veder sorgere mai sotto il sole.
Ora tutto questo non era più vero. E la novità era lui, il Crocifisso che prega per i crocifissori, il primo sole veramente nuovo dopo quello del secondo giorno della creazione quando Dio lo creò.
E quel nuovo giorno dura ancora, per chi lo sa riconoscere. Per tutti quelli che credono in Lui.

Aspettando la risurrezione
E la terra spalancò la sua bocca,
per inghiottirlo,
per cancellare di lui ogni ricordo.
La pietra
orrida
immensa
rotolò su quel corpo
frantumò ogni speranza
dissolse un miraggio
e tutti pensarono allora
ch’era proprio finita.
Sul monte del Cranio
non fu dato d’udire più nulla
tranne il pianto del vento.
Ma in quel gelido ventre di terra,
tu
seme sepolto dell’uomo
aspettavi il tuo giorno
come un seme di grano sotterra
non muore
se non per risorgere.
La tua morte
per la nostra vita,
il tuo sonno
per il nostro risveglio.
Perché la morte del seme di grano
è la vita per cento altri semi.