O Dio, quanto ti odio!


Sulla stampa ormai è un vero coro: il cristianesimo potrebbe avere, se non i giorni, almeno le generazioni o, nel caso migliore, i secoli contati.
Detto così, qualcuno potrebbe dire, “beh, tranquilli, non è per noi”.
Forse non sarà per noi, ma lo spettacolo che abbiamo davanti non è dei più tranquillizzanti.
Prendo qua e la da laRepubblica, La Stampa, Avvenire, ma si potrebbe continuare:
“Si sta assistendo all’agonia della cristianità”.
“Il Cristianesimo è la religione più colpita” (dagli attentati e dalla persecuzione).
“Il XX secolo è stato il secolo con il maggior numero di martiri cristiani”.
“A Kinshasa, nell’allora Zaire, la polizia spara su una manifestazione della minoranza cattolica uccidendo 30 persone.”
In Indonesia i musulmani attaccano cattolici e protestanti provocando 13 morti nella sola Giacarta”.
“In Turchia don Santoro è ucciso mentre prega in Chiesa. Quattro anni più tordo è ucciso un vescovo, mons. Pirovano.
“Nello stato indiano dell’Orissa un’ondata di violenze provoca la morte di oltre 100 fedeli”.
Sono di questi giorni le terribili notizie delle decine e decine di cristiani uccisi in Iraq e in Pakistan.
Si parla ormai di un “rischio panda”, di un cristianesimo già in via di estinzione in molte regioni del mondo: Balcani, Algeri, Casablaca, Istanbul, Iran, Egitto, Iraq, Libia, Palestina, e perfino Israele. E sai quanti nomi si potrebbero aggiungere a quelli già fatti, solo che si continuasse un po’ nella ricerca?
Alla base di questa “sparizione dei cristiani” sono le diverse politiche di intolleranza e di discriminazione nel confronti delle diverse confessioni cristiane, che vanno dalla pura e semplice eliminazione fisica del cristiano (il metodo più radicale), a una politica di limitazione del diritto di professare la propria fede: proibizione di praticare, di ostentare, di mostrare la propria fede, tanto più di propagarla, di annunciarla, di testimoniala. Tutto ciò che l’Islam chiede e pretende per sé nei paesi cristiani – diritto di costruire luoghi di culto, diritto di ostentare i propri simboli religiosi, celebrare le proprie feste e il proprio giorno di riposo (venerdì), cibi compatibili con il culto musulmano nelle mense scolastiche e aziendali, ecc. – viene per legge vietato a tutti quelli che non professano la religione islamica nei Paesi di antica o anche recente maggioranza musulmana.
Dice padre Samir Khalil Samir: «La gente non sa che il sistema islamico è concepito per inghiottire l’altro, il diverso, l’alieno: il cristiano, appunto, attraverso un processo inesorabile di emarginazione, assimilazione, o, in alternativa, di espulsione».
A questo bisognerà anche aggiungere che in molti Paesi musulmani, la conversione di un musulmano a una religione diversa, qualunque essa sia, è punita con la morte. E sono anche molti i musulmani che vivono in Europa e che vorrebbero convertirsi al cristianesimo, ma esitano, o addirittura si astengono dal farlo, perché temono le conseguenze che potrebbero subire in patria i familiari residenti laggiù.
Certo, questa situazione mostra una profonda e deprecabile evoluzione rispetto alle epoche in cui l’islamismo si caratterizzava per il suo carattere tollerante e “pacioso”. Erano i secoli subito successivi all’età della folgorante avanzata dell’Islam nelle terre di affermata e ormai consolidata cristianità. Nel breve volgere di poco più d’un secolo tutto il Medio Oriente, l’Africa mediterranea, la stessa Europa fino ai Pirenei, si erano visti imporre dagli eserciti e dalle flotte musulmane la loro fede alle terre che avevano prodotto santi e geni come Origene e Agostino in Africa, come il Crisostomo e i Cappadoci nell’attuale Turchia e Isidoro di Siviglia nella penisola iberica.
Alla violenta conquista, erano seguiti secoli di tollerante convivenza. Sotto la guida dei più civili cristiani, gli arabi fecero straordinari progressi.
Poi ci furono le crociate. Poi il pericolo turco deteriorò i rapporti fino a una situazione di pirateria permanente. Poi ci fu la caduta di Costantinopoli e la fine dell’Impero Romano d’Oriente. Poi il colonialismo delle grandi monarchie europee impose un periodo di tregua d’armi. Poi ci fu la scoperta del potere politico ed economico del petrolio. Poi ci fu l’11 settembre del 2001. E Al Quaeda. E l’ invenzione dei “kamikaze”. E fu la fine della tregua armata. E la ripresa della guerra guerreggiata su innumerevoli campi nella scacchiera internazionale. E i rigurgiti, almeno minacciati, della guerra santa. È proprio il pericolo di una guerra santa sotto nuove forme (terrorismo e non solo) che oggi guasta i sonni a tutto l’Occidente sia cristiano che laico.
A questa inquietudine dell’Occidente cristiano (e non solo) ha dato voce mons. Raboula Antoine Beylouni, vescovo di Antiochia dei Siri, durante una seduta del Sinodo delle Chiese mediorientali in Vaticano: «Il Corano dà al musulmano il diritto di giudicare i cristiani e di ucciderli con la jihad. Ordina di imporre la religione con la spada. Per questo i musulmani non riconoscono la libertà religiosa ».
Neppure stupisce l’imbarazzo della Chiesa cattolica davanti ad affermazioni così perentorie, affermazioni che minacciano di compromettere il prosieguo delle delicate e difficili trattative per giungere a un modus vivendi che consenta alle due religioni di avere pacifiche relazioni aperte al dialogo.
La reazione dell’Islam, infatti, non si è fatta attendere, ed è giunta attraverso la dichiarazione di Abdel Muti Bayoumi, dell’Università egiziana di Al-Azhar: «È un falso storico affermare che il Corano e l’Islam si sono imposti con la spada; se così fosse non avrebbe resistito per secoli. L’Islam invece si è imposto attraverso il convincimento».
La controreplica viene dal porporato francese Jean-Louis Tauran, presidente del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso: «E dov’è la novità? Da sempre si sa che nel Corano è prevista anche l’uccisione dei cristiani con la spada. Purtroppo è così, e se si fa finta di niente si fa un cattivo servizio alla verità storica».
A questo punto stanno le cose. E a sentirsi male siamo sia noi cristiani che abbiamo superato da tempo la mistica delle crociate, sia i musulmani che non approvano e rifuggono dalla cultura della guerra santa che tanto spesso viene invocata a sostegno e giustificazione del fondamentalismo e delle stragi del terrorismo islamico.
E mi sgomenta pensare a che cosa possono dire e pensare di noi e di quel Dio in nome del quale ancora si uccide, si impicca, si lapidano le adultere, si fanno guerre che di santo non hanno proprio niente, si fanno saltare in aria decine di civili innocenti ogni volta che qualcuno si lascia esplodere gridando ALLAH È GRANDE!
Sì è davvero orrendo, atroce, gridare ALLAH È GRANDE! mentre si aziona il dispositivo che gli spedirà davanti, anzitempo, i cadaveri di decine di suoi figli, nell’assurda convinzione che l’averglieli uccisi sia l’atto di culto più grande e perfetto che gli si possa mai dedicare.
Ho sempre creduto che Dio è amore. Mi è perciò intollerabile l’idea d’un Dio sanguinario che ha sete del mio sangue infedele. Se così fosse, se a saltare in aria fossi proprio io, se sapessi che sì, proprio lui l’ha voluto, che lui sarebbe felice di bere il mio sangue, come potrei fare a meno di urlargli O DIO, QUANTO TI ODIO!