Mamma Chiesa, un po’ di miele per favore


Adesso ho davvero paura. Paura per la Chiesa. Per la Chiesa che amo. La vedo ogni giorno di più impegolarsi in un mastello di pece portato a spalle dai suoi stessi capi. Sento crescere nei cristiani la voce dello sconcerto davanti a un tale spettacolo incomprensibile e sgradito a molti, forse ai più. Sento giungermi all’orecchio la voce degli atei devoti che la invitano a tener duro, a insistere, a lottare: non so, francamente, se con la speranza di vederla fare harakiri e togliere finalmente e definitivamente il disturbo, o se per non perdere l’occasione d’averla per una volta alleata in una battaglia contro l’odiata armata brancaleone radicalpopulista al governo. L’occasione è senza dubbio buona: comunque vada il governo ne uscirà sconfitto. Che sia la volta buona per rimandarlo a casa?
Non mi piace. Accenti addolorati, preoccupati, amari li ho colti in questi ultimi giorni al Centro come al Nord, e sia chiaro che parlo di cattolici, catechisti, laici impegnati, anime consacrate. Tutta gente che si chiede perché.
Già, perché? Perché non capire che sono molti coloro che amerebbero vedere una Chiesa che “s’accontenta” di predicare il Vangelo, senza imporlo a chi cristiano non è; una chiesa che s’accontenta di indicare la via d’una ‘salvezza migliore’ senza imporla a chi invece cerca solo una salvezza diversa, una salvezza magari ‘piccina’: un ordine sancito e codificato, che assicuri un diritto, un riconoscimento, una legalità a chi non ha un orizzonte più alto dei suoi occhi e del suo naso.
Il ‘loro’ discorso è semplice: se non credo che Gesù è il Signore e Maestro, se non credo che la Chiesa lo rappresenta e ne continua l’opera, se non riconosco nella Chiesa il sacramento della sua continuata presenza nella storia, perché dovrei sottostare alle norme morali e alle direttive civili di questa? Se viviamo in una società che vede nel sistema democratico (governo e potere legislativo spettano alla maggioranza) il modo migliore di governo oggi possibile, perché dovrei riconoscere alla minoranza (perché tale di fatto è il cattolicesimo oggi in Italia) un potere di veto sulle decisioni della maggioranza? Se io contesto alla Chiesa, anzi le nego decisamente una prevalenza, quasi una primogenitura morale ed etica, perché dovrei inchinarmi alle sue direttive?
La Chiesa risponde rivendicando un’autorità che le viene dalla coscienza della sua fedeltà a un diritto naturale che nessun consenso democratico potrà mai né contestare né tanto meno calpestare: un diritto che vede nel tipo eterosessuale e monogamico (nel quale il matrimonio cristiano si riconosce) il modello ‘naturale’, insostituibile e ‘irriformabile’, della famiglia umana.
Così la CEI ha annunciato un documento ufficiale e ‘impegnativo’ per i cattolici, in particolare per i parlamentari che si dicono tali, per chiedere (o per intimare?) a loro di dissociarsi dal governo quando si tratterà di varare la legge col voto parlamentare. Una sfida aperta, un calcolo audace e spregiudicato, capace di affossare la maggioranza e lo stesso governo della Repubblica. Una sfida all’OK Corral. Una mossa assolutamente all’altezza del ‘genio’ politico del Card. Ruini. Del resto avevano avvisato: «Non resteremo inerti».
Atteggiamento gravissimo, mettono in guardia i cattolici storici della sinistra ‘conciliare’, da Giuseppe Alberigo a Raniero La Valle, da Alberto Melloni a Ettore Masina, cui ha fatto sapere di aggiungersi lo storico Pietro Scoppola. «Bisogna cercare di far di tutto per evitare quel conflitto (di coscienza nei parlamentari cattolici, ndr) e quella crisi che si aprirebbero con un intervento che dettasse o imponesse comportamenti ai rappresentanti del popolo in Parlamento». Ribelli impenitenti dirà qualcuno. Non merita certo tale qualifica l’ex presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro che pur faceva presente che «sarebbe cosa delicatissima e molto grave». Né la merita Leopoldo Elia, che pure non vede incompatibilità tra la legge sui DICO e l’art. 29 della Costituzione. Del resto anche mons. Alessandro Piotti, vescovo di Pisa e uno dei vicepresidenti della CEI, chiede che, almeno, il testo della nota non venga dalla presidenza della CEI, e certo non senza averlo prima discusso collegialmente.
Sull’altra sponda «chiediamo ai vescovi di mantenere chiara e libera la loro impostazione di dottrina e di cultura morale in tema di legislazione familiare» controsupplicano gli atei devoti di Ferrara al gran completo e i cattolici nostalgici della Messa in latino guidati da Antonio Socci.
In mezzo stanno loro, i parlamentari cattolici militanti nell’Unione che hanno già precisato di avere come primi referenti i loro elettori, non il card. Ruini; i quali si augurano che non si voglia riportare indietro l’orologio della storia, ai tempi di Porta Pia, del Non possumus, del 1931 (quando Pio XI concesse ai cattolici di giurare fedeltà al fascismo, purché si riservassero libertà di coscienza su eventuali progetti di legge incompatibili con la dottrina cristiana).
E in mezzo siamo noi, i piccoli, che nessuno dei potenti ascolta, ma che soffriamo nel vedere la nostra Chiesa che amiamo, attaccata dagli uni, difesa male dagli altri, mentre la gente fugge dalle chiese, diserta le nostre assemblee, senza che ci si renda conto che il problema non è la famiglia, ma la ‘Weltanschauung’ imperante: ‘una visione del mondo’ nella quale Cristo non è più di moda e la Chiesa è sempre meno amata.
’Mamma’ Chiesa, per favore, mostrati ai tuoi figli ‘lontani’ con un volto meno severo. Forse riusciranno ad amarti un po’ più, o almeno a sopportarti ancora: lasciandoti il tempo di parlar loro di Cristo con parole più seducenti delle attuali. Allora forse staremo tutti un po’ meglio.

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