Ad ogni estate il suo prete-scandalo


Se ne è saputo qualcosa contemporaneamente: due parroci, uno nel padovano, l’altro della Val d’Aosta, sarebbero padri di due creature nate da una loro storia d’amore. Come se ne è venuto a conoscenza? Andiamo con ordine. Il prete di Padova l’avrebbe confidato a una suora la quale si sarebbe sentita in dovere di dire tutto al vescovo.
Il vescovo, naturalmente, ha invitato il prete a prendersi un periodo di riflessione e comunque a non celebrare più la messa in paese. Il prete si rifiuta. Vuol continuare a fare il prete e a dir messa nella sua parrocchia. Inoltre nega ogni addebito, ma il vescovo insiste. Martedì ne sapremo di più. Ma già da ora si sa che la gente è in gran parte con lui, prete molto attivo, apprezzato e ben voluto da tutti.
L’altro caso va avanti da circa tre anni, e in qualche modo è più classico: prima i mormorii, poi le voci, poi i boatos. Niente di originale, se non fosse che questo prete è il parroco del paesetto che ospita ogni anno, dal 2004 a oggi, le vacanze estive dei nostri papi desiderosi di pace, riservatezza, e di aria pulita e fresca (che farà il papa il prossimo anno?).
Anche qui l’allontanamento del prete parrebbe inevitabile. Per il momento però non si parla di sanzioni. Il prete non è sospeso. Ha chiesto un congruo periodo di riflessione, volentieri accordato dal vescovo. Dalla curia diocesana, si fa notare che la paternità non è per sé un impedimento all’esercizio pastorale (precisazione notevole) in quanto non c’è convivenza con la donna. Oltre tutto il prete è molto apprezzato per le sue doti di scrittore, conferenziere, animatore della pastorale della famiglia, e per l’intensa attività epistorale via internet.
Mi rendo conto, con qualche fastidio, che sto parlando per la terza volta consecutiva di preti e di sesso. Non ne sono affatto entusiasta. Ma non mi va di smettere: c’è qualcosa che mi stimola a parlarne. Questo qualcosa è la presa d’atto dell’affermarsi di un mutato atteggiamento dei fedeli circa l’eterno problema del sesso del prete. Se ne è sempre parlato, ma sembra a me che oggi se ne parli in maniera e con toni molto diversi da ieri. Quello che salta subito agli occhi in queste storie, è che il giudizio dei fedeli sui loro preti, quando certe voci cominciano a diffondersi, è molto cambiato: se il loro giudizio sul prete era positivo, il giudizio rimane positivo. Ciò risulta dalle cronache della stampa e delle televisioni: cose loro, questioni di coscienza, è la risposta più frequente. È stato un buon prete e come tale lo conosciamo. I suoi problemi di cuore, quando non sono ostentati ed esibiti, quando non sfociano nel libertinaggio, riguardano il privato.
Che non ci siano anche reazioni di senso opposto sarebbe ingenuo pensarlo. Ma non sono più predominanti. Tempi nuovi che chiedono a loro volta risposte e parole nuove, esempi e modelli nuovi. Per rimanere al caso: se giustamente severo rimane il giudizio sul libertinaggio o sulla pedofilia del prete, sempre meno fa scandalo una sua eventuale ‘debolezza’ verso una donna che abbia saputo farsi carico della sua solitudine affettiva e umana. Un rapporto, questo, che, sebbene ‘fuorilegge’, viene tuttavia percepito non tanto come peccaminoso, quanto piuttosto come ‘irregolare’. E anzi molti si dolgono che la Chiesa non voglia mettervi rimedio. Nessun dubbio che si preferisca ancora il prete casto, ma pochi preferirebbero rimanere senza prete del tutto piuttosto che averne uno che abbia avuto, o che abbia una storia con una donna, purché vissuta con discrezione e misura, nel silenzio o, meglio ancora, nel segreto. Qualcuno forse griderà all’ipocrisia e sarebbe del tutto idiota: come dire che sarebbe meglio che, in nome della lealtà, un marito raccontasse ogni sera alla moglie le sue avventure amorose del giorno. Il segreto, non è necessariamente ipocrisia: può essere anche rispetto, delicatezza e, perché no?, amore. Del resto, si osserva, la legge della Chiesa riguarda solo il celibato, e una storia d’amore compromette la castità, non il celibato. Perché, se il problema fosse la fedeltà alla promessa, quanti matrimoni, oggi, rimarrebbero in piedi?
Forse è proprio qui che si pone il vero problema per la Chiesa cattolica: la difficoltà di prendere atto che i tempi sono davvero cambiati, fuori e dentro la Chiesa, e che certe convinzioni sono ormai condivise. Un paradosso: la Chiesa oggi sembra contestare uno dei principi più sacrosanti della sua morale: che cioè il giudizio ultimo su ciò che ‘mi’ è lecito o proibito fare spetta alla mia coscienza, dopo che si sarà seriamente confrontata con la norma morale vigente. Avendo ben chiari i limiti della cosa: il giudizio della mia coscienza riguarda solo la sfera soggettiva del peccato, non la natura obbligante della legge. Trasgredendo alla legge, io le resto totalmente sottomesso sotto l’aspetto disciplinare e penale. Perciò il diritto della Chiesa a emettere la sua sentenza sul mio comportamento irregolare non entra assolutamente in discussione (tranquillo prof. Scurati, non chiedo un trattamento di favore per i preti). Reato è ciò che è proibito dalla legge; peccato è ciò che mi è vietato dalla legge di Dio e dalla mia coscienza: che potrà anche essere erronea, purché sia in buona fede.
E qui un chiarimento si impone: per avere un peccato grave, anzi ‘mortale’, io devo chiaramente e lucidamente sapere che quell’atto mi pone irrimediabilmente contro Dio, e malgrado lo sappia, io voglio liberamente e consapevolmente porlo. In pratica il mio gesto deve voler dire decisione di rompere con Dio, nel dispregio della sua legge e nell’affermazione della mia volontà contro la sua. Ma quante volte accade questo? Fortunatamente quasi mai: noi sappiamo che quel gesto è proibito, ma ce ne sentiamo irresistibilmente attratti. Sentiamo dispiacere di provare quell’attrazione e visto che non sappiamo resisterle, proviamo a convincerci che forse non è tutto quel gran male di cui si dice. E si conclude chiedendo perdono al Signore in anticipo per quello che stiamo per fare, dicendo magari che sarà l’ultima volta, anche se tu sai già che non sarà affatto l’ultima. Del resto non è così che tutti noi ci comportiamo con quelli che amiamo sulla terra? C’è qualcuno che si ricorda il giovane Celentano che cantava: «io amavo lei, soltanto lei / e perché mai l’avrò tradita?». Questo è “quel guazzabuglio del cuore umano”, questo è l’uomo. Per fortuna San Paolo ci dà ancora speranza: se è vero che «nessuno può dire ‘Gesù Signore’ se non in virtù dello Spirito Santo» (1Cor 2,3), allora vuol dire che se dopo il mio peccato, anche se grave, torno a pregare, e magari faccio la Comunione o dico addirittura la Messa e con cuore sincero domando perdono del mio peccato, come posso considerarmi perduto, se in me e con me e per me prega lo Spirito Santo? Anche quei preti e anche tutti noi, preti o fedeli pur peccatori che siamo, abbiamo motivo di sperare.

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